Quest’oggi voglio parlare di Linux e del suo mancato successo sul desktop. Cercherò di analizzare nei dettagli, i motivi del mancato successo di Linux su desktop. Perché Linux non ha avuto il successo che sperava sul desktop? È davvero un mancato successo? È solo una mera questione di numeri di mercato? Proviamo a capirci qualcosa.
Linux è un sistema operativo, per intenderci è il programma contenuto nel computer quando si preme il pulsante per accenderlo, se c’è un “caricamento in corso…” nel computer, molto probabilmente si sta avviando il sistema operativo. Il sistema operativo è un insieme di cose che consente di avviare programmi per fare la qualsivoglia: navigare in internet, scrivere testi, suonare, disegnare e quant’altro.
Senza voler abbandonarsi alla dietrologia, alla nostalgia, ai ricordi, faccio un breve rimando delle conoscenze. La prima volta che sentii parlare di Linux, a memoria, fu in una rivista di computer, che mi è ricapitata a tiro di recente, un numero di Chip del giugno 1999, titolo “Da Windows a Linux”, nel corposo articolo c’erano schermate con terminali, un sunto delle caratteristiche. La prima volta che provai Linux su strada, una distribuzione commerciale “Mandrake Linux versione 8.2”, epoca di trial, CD allegato al numero di Computer Magazine dell’ottobre 2002. La distribuzione, abbreviato “distro” in tecnichese, è una variante del sistema, questa in particolare conteneva diversi programmi e diversi ambienti DE, “desktop environment”. Un “desktop environment” è come un gusto di un gelato “Linux”, che ha diversi gusti. Ne rimasi impresso positivamente, se non per il fatto che mancava sempre qualcosa, che rendeva questo sistema e questi programmi difficilmente utilizzabili.




Perché Linux non ha avuto il successo che sperava sul desktop, ammesso che lo avesse meritato? In realtà Linux è già sul desktop, ma si è nascosto bene, tanto da non notarlo. Parliamo di numeri da capogiro, da più di un decennio Linux è occultato in una vasta gamma di elettrodomestici, alcuni tra i più impensabili, tipo i robot aspirapolvere. Ad oggi Linux è sulla quasi totalità dei televisori presenti nelle abitazioni, sulla fetta più grande degli smartphone che tutti utilizziamo, e la sua avanzata è inarrestabile su una disparata accozzaglia di prodotti elettronici. Linux è nel tuo televisore, nel tuo frigorifero, persino nel tuo forno, ma non lo sapevi. La guerra del desktop è ormai lontana, la valenza del desktop è mutata, abbiamo grosse potenze di calcolo tra le nostre mani, un tempo impensabili. È come se avessimo grossi isolati, grosse metrature, pieni di grossi calcolatori chiassosi, racchiusi nello spazio del palmo della nostra mano. Parole come convergenza, cloud computing, sono le sfide del prossimo futuro. Dove si piazza Linux in questo futuro? Sui computer tradizionali Linux non supera il 3% di adozione, dati del 2023, market-share desktop, ma ha un gran potenziale. Computer tradizionali: desktop, laptop, notebook, computer fissi e portatili.
La differenza tra Linux e altri sistemi operativi, come per esempio, Windows e MacOS, i più utilizzati sul desktop tradizionale, consiste nell’apertura del suo codice. Il programma ha un suo codice e Linux mostra il suo codice a tutti, e potenzialmente tutti potrebbero leggerlo, migliorarlo, ampliarlo, salvo approvazioni dei suoi “benevoli” detentori. Linux è parte, volente o nolente, di una rivoluzione abbastanza silenziosa, cominciata qualche decennio fa, contrapponendo una filosofia di apertura ad una filosofia di totale chiusura del codice che sta dietro ai programmi. Ad oggi questa filosofia vede protagonista uno dei principali antagonisti della filosofia di apertura, qualche tempo fa Microsoft ha acquistato GitHub, una delle principali piattaforme di condivisione di codici di programmi, qualcosa di davvero impensabile fino a un decennio fa. Questa filosofia sembra anche precursore di ciò che è oggi la socialità in internet, il piacere di condividere, che ha tramutato internet in grosse piazze rumorose, dove tutti hanno la possibilità di esprimersi.
Sembrerebbe tutto rosa e fiori, se non fosse per il fatto che Linux non riesce a raggiungere gli utilizzatori del desktop tradizionale. I produttori di computer non vogliono mettere Linux nei propri prodotti? Le software-house non vogliono distribuire i loro software su Linux? Cosa ostacola l’avanzata di Linux sulle scrivanie?
Ho utilizzato Linux diverso tempo e me ne sono fatto un’idea, penso di poter sintetizzare i motivi del mancato successo di Linux sul desktop in 4 parole chiave: protagonismo, incompletezza, dispersione, mancanza di strategia.
Spesso Linux non ha nulla da invidiare ai suoi concorrenti, spesso è persino più facile da utilizzare, un bel parco software, programmi stabili e robusti, sarebbe tax-free, mentre dalle parti dei suoi concorrenti chiedono continuamente soldi, eppure c’è sempre qualcosa che non va.
Uno dei principali motivi che ostacolano l’avanzata di Linux sul desktop è la mancanza di software commerciale, i programmi più blasonati per intenderci. Su Linux non c’è Office, non c’è Photoshop, ed è inutile e deleterio proporre delle alternative all’utente medio, se l’utente medio vuole quel determinato software. Questo è uno dei principali motivi e Linux, nel senso di comunità del termine, ha le sue colpe, non fornendo alle software-house un ambiente fertile su cui distribuire software. C’è una mancanza di strategia, chi ha la capacità nella comunità Linux di fare una differenza, di stringere accordi commerciali con le software-house, non pone delle basi solide per far sì che tutto ciò si concretizzi. La mancanza di standard condivisi e strategie comuni non fa altro che allontanare le software-house da Linux.
Diverse aziende contribuiscono a Linux, si può pensare a Linux come ad complesso puzzle, i cui pezzi sono costruiti da più persone. Un puzzle dove vengono costruiti più pezzi, più pezzi simili o uguali, qualcuno potrebbe voler imporre il suo pezzo, potrebbe scaturirne una diatriba. È comunque pubblicità per Linux, il fatto che se ne parli, oppure autolesionismo. Più persone realizzano uno stesso componente di Linux con le stesse funzionalità, può essere una cosa positiva, oppure può essere una cosa negativa. Se pensiamo che gli sforzi della comunità sono concentrati su un componente che è simile a un altro componente, che è simile a un altro componente, per soddisfare il protagonismo di qualcuno, per creare alla fine 2/3 componenti uguali e tutti e 3 incompleti. Tutte e 4 le parole chiave in un unico pezzo del puzzle. Può accadere che per 3 componenti uguali e tutti e 3 incompleti, ce ne sia 1 altro mancante, non realizzato. Forse è lo scotto da pagare per la filosofia di apertura, oppure no.
Questa strategia frammentaria si riflette anche sul parco software in Linux. “Linux” è il gelato di prima, con diversi gusti. I gusti sono molti ed ogni gusto deve avere delle sue caratteristiche. Per ogni gusto c’è un file manager, un text editor, un visualizzatore d’immagini, una suite di programmi di videoscrittura; tutta una serie di software per ogni gusto. Da una parte è un bene che esistano più soluzioni e più repliche di una funzionalità, dall’altra gli sforzi vengono frammentati e aumenta la probabilità di incompletezza. Una certa dispersione fa sì che esistano 10 text editor e 1 dizionario incompleto, oppure 30 calcolatrici e 0 visualizzatori di PDF.
Linux non decolla sul desktop, nonostante gli ingenti sforzi nel creare desktop completi ed invitanti.
Sotto mentite spoglie, Linux ha già il suo successo sul desktop, non il desktop tradizionale dove Windows continua a farla da padrone. Un successo celato. Linux ha già successo sui server, tra le nuvole, sugli elettrodomestici, sui telefoni. Si affaccia sul desktop, ma per ora sembrebbero non esserci le condizioni per un successo su scrivania.
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